Parlando di linguaggio, nel caso del writing, si deve anche considerare che tutto il movimento stesso è un’espressione artistica che si basa sul lettering, ossia sullo studio di lettere con forme diverse, e di parole, che non possiedono però un significato usuale: i writer, infatti, non fanno altro che rielaborare continuamente solo il loro nome, la loro tag, in tutte le forme e i colori possibili. Dunque, per il writer, l'unico soggetto dell'opera è il SUO NOME (=la tag); ciò che vediamo scritto sui muri, dunque, non è un messaggio chiaramente decifrabile ai più, politico o sociale, ma rappresenta l’essenza stessa del writer, poichè scrivere il proprio nome è un gesto quasi automatico, istintivo, una forma di comunicazione spontanea che diventa una sorta di testimonianza visibile della sua esistenza, un’affermazione della sua presenza nella città, un modo per farsi riconoscere e conoscere. Questa operazione può essere considerata strana e inusuale, ma l’importanza e il rispetto del nome sono ritenuti fondamentali: per questo bisogna differenziarsi dagli altri con un nome diverso, e viene considerato un gesto grave scrivere sopra agli altri nomi. In entrambi i casi, violare il nome è come violare l’identità.
La comunicazione tra writer può dunque avvenire, grazie ai pezzi sui muri o sui treni, senza un contatto diretto, ma tramite messaggi “sotterranei” e non ufficiali, che permettono però di dare informazioni precise: testimoniano che il writer è stato in quella zona, gli permettono un riconoscimento all’interno del movimento (anche a livello globale, tramite la mobilità dei treni), danno un’idea del suo livello e del suo stile. Una semplice scritta, considerata totalmente priva di significato dalla maggior parte delle persone, può dunque veicolare numerosi messaggi.
Nella prossima puntata, vedremo come ciò causi i suddetti problemi di interpretazione con la "gente comune".
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