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giovedì 1 dicembre 2011

“intralci 1961-2011. Dieci artisti scuotono la Franciacorta”

Ieri ho visitato la mostra "intralci" alla Fondazione Mudima di Milano, che vi recensisco con piacere.

L'esposizione è il risultato di un progetto più ampio che celebra i 50 anni della prima bottiglia di Franciacorta e che si compone di due fasi: la realizzazione delle opere in loco e la mostra milanese finale.
Il titolo del progetto, in-tralci, porta con sé un duplice significato:  l'intrecciarsi dei tralci di vite va a rappresentare, infatti, tutto il territorio della Franciacorta, ma anche gli intralci dell’arte contemporanea che si inserisce nella nostra vita quotidiana.

Nel mese di agosto 2011, durante la vendemmia, dieci artisti provenienti da correnti, esperienze e paesi diversi hanno trascorso dieci giorni in Franciacorta, con l'intento comune di reintrepretare artisticamente l'identità del territorio, ciascuno con il proprio linguaggio. É nata così una sorta di Officina della Creatività all'interno del Palazzo Lana di Borgonato, dove gli artisti hanno tradotto le loro suggestioni personali, ispirati dalla Franciacorta stessa, dalle storie del luogo e della gente, con mezzi e linguaggi differenti (street art, video-installazioni, fotografia, poesia di strada, pittura, performance), restituendo così la loro visione del territorio, valorizzato dall'opera stessa.

La visione delle opere in mostra, molte di grande formato, allestite sui due piani dell'edificio, permettono così allo spettatore di immergersi pienamente nella terra, nei luoghi, nei volti degli abitanti della Franciacorta.

Gli artisti che hanno partecipato sono:
Salvatore Benintende (a.k.a TV Boy, italo-spagnolo: tre tele  dedicate al passaggio generazionale degli ultimi 50 anni in Franciacorta, alla bellezza del territorio, alla degustazione),
Julien Breton (francese: cinque performance di light calligraphy ambientate in cinque luoghi diversi del paesaggio),
Paolo Bordino (a.k.a PAO, italiano: protagonista della sua tela sono le torbiere del Sebino e un ritratto-riflesso nell'acqua del personaggio misterioso dell'eremita),
DEM (italiano: tela ispirata dalla visione della Franciacorta dal Santuario della Madonna della Ceriola su Montisola, dalla natura, dall'uomo, dal vino),
Daniele Nicolosi (a.k.a Bros, italiano: effimera performance di Land Art nella quale una linea di vernice rossa ad acqua segna il perimetro di tutta la Franciacorta),
Ivan Tresoldi (italiano: quattro tele “Poesia”, “Rivolte”, “Spreme” e “Seme” che nascono da suggestioni del territorio ed esperienze personali),
Vladimir Jankovic (serbo: video-mappatura interattiva sul tema della “leggerezza” della fatica),
Pietro Masturzo (italiano, vincitore del World Press Photo nel 2010: reportage fotografico e ritratto della Franciacorta e dei suoi abitanti),
Giovanni Manzoni Piazzalunga (boliviano: murales che rappresenta la sua particolare visione della Franciacorta e il legame tra vino, territorio e uomo),
NeSpoon (polacca: installazioni con merletti ricamati tra i vigneti e piccole sculture in argilla all’interno di fessure di tronchi o di crepe).

La mostra è corredata di catalogo edito da Skira e curato da Jacopo Perfetti; disponibile alla visione in Fondazione anche un interessante video che racconta il progetto, con interviste agli artisti e "backstage" della realizzazione.

More info: www.intralci.com

Dal 1 dicembre al 22 dicembre 2011
@Fondazione Mudima, Via Tadino 6, Milano

domenica 10 aprile 2011

Street Art

Con il termine Street Art (arte di strada) si indicano tutte quelle forme artistiche che si manifestano in luoghi pubblici, con tecniche varie: spray, sticker, stencil, proiezioni video o sculture. La street art presenta alcune differenze e alcune caratteristiche in comune con il fenomeno del writing: se ne differenzia poiché la tecnica in questo caso non si limita all’uso della bomboletta e il tema non è inscindibilmente legato solo allo studio del lettering e della tag, ma può includere soggetti differenti (es: disegni o slogan di critica sociale, installazioni); mantiene, invece, come il writing, un forte rapporto con la strada e un simile intento di rivendicazione di vie o piazze come luoghi pubblici, di tutti, contro la proprietà privata (e dunque un aspetto di sovversione e critica verso la società) e il tentativo di farne uno spazio di esposizione per la propria fantasia e le proprie opere, comunicando così ad un vasto pubblico (dunque la stessa ricerca tesa a farsi conoscere).
Tra le tecniche che la street art utilizza troviamo l’utilizzo di stencil, che permettono una produzione molto veloce e pressoché illimitata, e lo sticker: in questo caso è dunque l’adesivo il mezzo con cui veicolare un messaggio di tipo politico, sociale, di critica, fino ad arrivare a volte allo sfruttamento dello stesso metodo per la pubblicità commerciale (tramite operazioni di cosiddetto “guerrilla marketing”: promozione pubblicitaria non convenzionale e a basso budget, che si avvale di mezzi e strumenti aggressivi, usati in modo creativo per far leva sull’immaginario dell’utente); in altri casi lo sticker viene visto come un altro modo per diffondere la tag o un emblema del writer. Spesso la street art cerca, stupendo il passante, di contrastare una cultura che crea spettatori passivi, e di far riflettere.
Paradigmatico in questo senso è il caso “Untho”, il cui ideatore è il giovane artista Alessio Schiavon. Un omino stilizzato vuole rappresentare, agli occhi del creatore, l’ “uomo medio”, milanese, grigio, accigliato, spento, passivo, contro il quale si rivolge il messaggio alla base del concetto artistico, che mira a interferire con il contesto urbano inserendosi all’interno di questo tramite gli stickers, provocare il pubblico con i suoi pensieri e riflessioni, proporre uno stile di vita alternativo, più attivo e “spensierato”, in opposizione ai frenetici ritmi urbani. Tramite l’affissione di posters e stickers in giro per la città di Milano e non solo, spesso con un’azione capillare, si mira ad un duplice fine, poiché l’operazione è in un primo tempo esclusivamente artistica e poi sfruttata anche a fini pubblicitari, in seguito alla creazione di una linea d’abbigliamento streetwear.
In altri casi, invece, la street art mira a proporre un nuovo messaggio in contrasto diretto con i manifesti pubblicitari da cui la città risulta invasa (senza alcuna lamentela da parte dei cittadini come invece accade per l’arte di strada stessa).
La street art, così come il writing, cerca un circuito spesso illegale, ma più spontaneo e più diretto ad un vasto pubblico, facendo della città stessa la sua galleria a cielo aperto e rifiutando mostre ufficiali, anche se oggi un gran numero di street artist fa il suo ingresso nel “sistema”.

Next: alcuni dei più importanti street artist di oggi: Banksy, Blek le rat, Shepard Fairey.

mercoledì 23 marzo 2011

Interviewing BROS

Mi parli un po’ della tua formazione? Come hai iniziato a dipingere? Com’era la scena milanese a quei tempi?

Ho iniziato nel 1996, avevo 15 anni e frequentavo il secondo anno di liceo artistico, avevo un amico alle medie che firmava ONCE della crew DMC una delle più attive in città…con un amico del liceo che aveva notato anche lui questa espressione ancora non troppo diffusa e praticata decidemmo dopo la scuola di andare a realiz are il nostro primo graffito….è venuto male ma ci piaceva troppo non rispettare nessuna regola di composizione che solitamente al liceo artistico ti chiedono di tener conto, c’ era quel senso di libertà che non avevamo mai provato prima disegnando. Li è iniziato tutto.
Al tempo i writer più famosi dovevi cercarli tu, e capire chi fossero, non era spiegato niente e facevi anche difficoltà a trovare le bombolette…nomi come DUMBO; RAE; SKY; CRAZE; NOCE erano già delle star nell’ underground.

Quali sono le tue fonti, spunti, modelli; lo studio della storia dell’arte ha avuto importanza sulla tua opera ed evoluzione?

Arrivo da una formazione accademica per stravolgerla a mio piacimento, inconsapevolmente dipingevo in modo che il mio dipinto a parete avesse una forma, fosse bilanciato, avesse la giusta dimensione per la visione ecc. tutte cose che successivamente ho legato alla mia formazione scolastica…diciamo che Giotto era lontano almeno 500 anni dai miei disegni, ma è come se fosse dentro il dipinto inevitabilmente.

Mi hai parlato di Rotella, “primo ad intervenire in strada con uno
spirito simile all' arte di strada come la intendiamo noi oggi”, puoi spiegarmi meglio?

Rotella o Diego Rivera, sono persone che hanno capito la potenza di quello che viene dalla realtà per rielaborarlo e restituirlo al pubblico, come cerco di fare da anni e con me qualche mio “collega- vandalo”.

Perché hai scelto il nome Bros? Significa qualcosa in particolare?

No mi piacevano un sacco le lettere, si potevano scrivere sia in modo “morbido”, che più “ rigido” era breve e suonava bene….BROS! perfetta..

Quali generi di opere hai realizzato agli inizi?

Lettere, ancora esisteva solo quella, a scuola dipingevo copia dal vero e sui banchi, muri, treni…scrivevo il mio nome in ogni forma colore e grandezza…all’ intervallo guardavamo le foto ed eravamo gasati più che mai!


Quale è la tua idea sul vandalismo?

Una forma di espressione, a volte una moda di ragazzini borghesi, una volta una ragione di vita…mai in Italia.
Come ti rapporti con l'aspetto illegale del lavorare in strada?

Dipingo illegalmente perché mi piace quella sensazione e perché parto con il ragionamento di appropriarmi di una superficie come scelta di un espressione artistica ben connotata. A volte dipingo in modo autorizzato  (di rado), ma ciò non toglie che se sei bravo riesci comunque ad appropriarti di tutto quello che c’è intorno, è una sfida in ogni caso..

Hai subito arresti o denunce?


Si, qualche volta…ho dipinto tanto e quando aumenti il numero delle uscite anche il numero dei fermi aumenta inevitabilmente, sono due dati che crescono in modo proporzionale…
Li ho presi come insegnamenti, a volte ho conosciuto dei poliziotti simpatici e in più quando tornavo a casa di mattina mi dicevo che dovevo essere più scaltro.

Mi parli del processo che hai subito ultimamente?

Il processo è stata propaganda politica di una giunta comunale che ha bisogno di parlare di problemi, se vogliamo chiamarlo problema (a mio avviso una risorsa), futili.
Finito come è iniziato,cioè in una bolla di sapone.
Un caso mediatico di proporzioni bibliche (anche il New York Times ne ha parlato), che ha portato ad una discussione senza risposta.
Il giudice nella relazione finale si è dilungato troppo ipotizzando un altro processo, nel senso che non gli competeva spiegare che in caso sarebbe successo questo e quello sarebbe andata in modo differente…questo non gli competeva, doveva scrivere quello che era successo e basta, credo che sia stato sollecitato da qualcuno di rilevante dato che non mi spiego il motivo di questo dilungarsi nell’ esplicare la sentenza.
Forse ancora una volta “Davide” stava vincendo contro Golia, soprattutto sull’ opinione pubblica.


Cosa vuoi comunicare con le tue opere?

Una domanda un pò troppo aperta, potremo stare qua una vita a spiegare tutto…diciamo che voglio comunicare, questo è l’ importante, un'arte fatta per il popolo che guarda che la subisce e che a volte gli tocca stare a guardare e dover pensare….

Qual è la reazione degli spettatori alle tue opere?

Sbigottiti, sia in positivo che in negativo…ma sbigottiti; indifferenti sarebbe orribile, o vorrebbe dire aver fallito!


Quali sono altri artisti che ammiri, con cui hai lavorato o ti piacerebbe lavorare?

Alcuni sono morti tanto tempo fa, sono affascinato da qualsiasi movimento artistico che usa questa espressione per portare avanti un pensiero, che col passare del tempo diventa una ragione di vita.
Quando incontro una persona che ha quella luce negli occhi scatta qualcosa e di solito si lavora insieme se lui/lei crede la stessa cosa di me


Dove ti piacerebbe esporre?

Nei bagni del Moma, o nel deserto del Sahara…


Mi parli del restauro della tua opera Bloodiamond?

Un opera formidabile, fatta di una lunga riflessione, presentata a Milano nel 2008, con tanto di celebrazione in una mostra, in un catalogo Skira e su vari articoli e giornali di settore e non.
Il restauro nasce da sempre su opere che hanno un valore artistico, da questo ragionamento nasce l’ idea di restaurare uno dei miei disegni più significativi milanesi con la collaborazione di due restauratrici professioniste.Alla domanda se tutto questo è arte o no…si aggiunge sul tavolo della discussione/confronto un opera del genere..direi un interessante passo in avanti nel dialogo.


Come vedi il futuro della street art?

Magari non si chiamerà più cosi, ma in realtà una forma di espressione artistica condivisa dal popolo esiste da sempre, vedi Egizi, Cinesi, Greci, Romani, Rinascimento ecc.
Sicuramente più tempo passa più ci sarà coscienza in relazione alla street art e quindi più spazi dedicati; magari le istituzioni permetteranno di proporre arte di strada in strada e verrà celebrata come arte e non come decorazione.

venerdì 18 marzo 2011

Focus on : Bros

Bros (Daniele Nicolosi) inizia a scrivere sui muri nel 1996, insieme ad un compagno di scuola writer, affascinato dai murales milanesi; fino ai diciotto anni continua con i tipici pezzi composti da lettere. Trasferitosi a Milano dall’hinterland, si iscrive alla Facoltà di Disegno Industriale al Politecnico, e inizia a frequentare il “giro” di writer milanesi, tra cui l’amico Cristian Sonda. Nel 2003, dalla composizione di lettere, passa al disegno, cosa al tempo piuttosto insolita nel panorama milanese: il primo personaggio è su un tram, uno dei suoi omini, “soggetti composti da figure solide, geometriche, assemblate. Utilizzo colori accesi per non essere annullato dagli altri segni presenti sul tessuto urbano. I protagonisti dei disegni vengono animati da due occhi (lo specchio dell’anima), stilizzati con due semplici linee nere. Cerco di portare in strada provocazione ed ironia, affrontando temi di interesse comune” (da "Bros20+20"). Gli omini, realizzati spesso in scala monumentale, sono identificabili tramite nomi simbolici posti a fianco del disegno (Rambo Rombo, Davidino Krestino…), e ciascuno si caratterizza tramite dettagli diversi (omini-case, omini-televisore, omini-pennello, alcuni hanno la testa triangolare o quadrata). Successivamente, da una collaborazione con l’amico Sonda, nascono i “Mad rebus”, dipinti preferibilmente vicino alle università, costruiti come dei veri rebus, con l’indicazione del numero delle parole e del numero di lettere: è un buon modo per dialogare con la città, permettendo alle persone di interagire pienamente con l’opera, divenendo così giocatori attivi. Inoltre, spesso i lavori di Bros iniziano ad assumere un elemento di critica sociale, trattando temi politici, economici, sociali, ecologici tratti dalla cronaca, nel desiderio vivo di comunicare, senza perdere la caratteristica ironia, con tutti, e di far riflettere. Contemporaneamente, vengono sviluppate immagini ripetute più volte, che invadono letteralmente i muri e opere scultoree, sorte di totem in legno colorato, tridimensionali: il primo è mostrato, non autorizzato, nel 2005, al Salone del Mobile, poi al MiArt e alla Triennale. La sua prima personale “No street” si tiene nel 2004, organizzata da lui stesso in uno spazio affittato, e presenta lavori realizzati con materiali riciclati; nel 2006 inizia un interesse più ampio verso la sua opera, e l'anno successivo Bros compie uno degli “atti” di cui si è maggiormente discusso: si auto-intitola la “via Bros, artista contemporaneo”, affiggendo targhe, uguali a quelle reali, in giro per Milano: un’operazione fortemente ludica ed originale, tramite cui riflettere sulla comunicazione e la promozione culturale. Sempre nello stesso anno, inizia, nelle strade di Milano, la serie di “Cibo per gli occhi”: torte, ortaggi, frutta, eccetera, dipinte con colori puri e dimensioni colossali, con tanto di simbolico cartellino del prezzo, un’altra operazione con messaggio ironico e dissacrante, offerta come regalo alla città, gratuitamente. Il 2007 è anche l’anno della “consacrazione” massima per i writer-artisti milanesi, tra cui Bros, nella mostra “Street art sweet art” al PAC di Milano, seppur tra grandissime polemiche. Da questo momento Bros sarà uno degli artisti più in vista, ma anche uno dei maggior bersagli della critica pubblica, indicato come il vandalo per eccellenza, fino ad arrivare al famoso processo del 2010. Nel frattempo però, Bros è invitato a partecipare alla mostra di Palazzo Reale “Arte Italiana 1968-2007”, unico tra gli street artist insieme ad Ozmo; realizza opere su muri, in città, con targa (come quelle del museo), a certificare l’artisticità delle sue opere. Continuano nel frattempo le misure repressive da parte del Comune, che si muove verso una “tolleranza zero” nei confronti dei writer; Bros e Ivan rispondono con una performance pubblica di “Body art”, “Lo hanno fatto a noi”: si dipingono a vicenda il corpo trasformandolo in un muro di mattoni e in scritte di graffito (lo slogan: “Se lo facessero a te?”, “Me lo lascerei fare!”. Negli anni successivi, nonostante le difficoltà sul piano legale, Bros continua ad esporre: nel 2008, al Superstudio più presenta la personale “20e20, Bros si mostra”, con venti opere di grandi dimensioni, realizzate tra il 2005 e il 2008, su diversi supporti (tela, pvc, legno), che trattano temi storici, mitologici e religiosi, rielaborando e reinterpretando alcuni avvenimenti che hanno caratterizzato la storia dell’umanità, come l’11 settembre, lo tsunami, il Big bang, Hiroshima e Nagasaki, il muro di Berlino, Apollo 13, Auschwitz, Chernobyl, il Diluvio Universale: un modo per riflettere più a fondo su temi complessi, che nel contesto urbano talvolta non è possibile indagare. Nel 2011 inaugura invece la mostra "Squaraus. Colore dal corpo".
Oggi Bros rimane uno tra i più interessanti street artist nel panorama internazionale, e punto di riferimento per le nuove generazioni, continuando a comunicare con la città tramite la sua arte pubblica, fatta di immagini spontanee, realizzate con colori puri e campiture piatte e un linguaggio istintivo, diretto e alla portata di tutti.


More info:
Bros+20e20, Skira, Milano, 2008
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