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venerdì 22 aprile 2011

Shepard Fairey

Un altro street artist particolarmente famoso, grazie alla sua creazione del poster “Hope ” con il volto di Barack Obama durante la sua corsa a presidente degli Stati Uniti, è Shepard Fairey. Egli nasce come illustratore, graphic designer e diventa presto un importante street artist, iniziando, negli anni ’90, con la campagna di sticker “André the Giant has a posse” (con il volto del wrestler), poi trasformata in “Obey”, con immagini rielaborate tratte dal tabloid Weekly world news, con intenti ironici e critici. Nel 2003 fonda l’agenzia di design Studio Number One, dove produce, ad esempio, lavori per l’album dei Black Eyed Peas, Monkey Business e il poster per il film Walk the Line; Fairey cura inoltre la copertina per l’album Zeitgeist degli Smashing Pumpkins e della compilation Mothership dei Led Zeppelin.
Nel 2004, insieme agli artisti Robbie Conal e Mear One realizza una serie di poster “anti guerra e anti Bush” per la campagna street art “Be the revolution”; nel 2006 viene pubblicato il libro Supply and Demand: The Art of Shepard Fairey; nel 2008, Philosophy of Obey (Obey Giant): The Formative Years (1989–2008), di Sarah Jaye Williams. Nello stesso anno, Fairey crea la serie di poster a sostegno della candidatura di Obama, tra cui “Hope”.
La sua prima mostra Supply & Demand (come il titolo del libro), si tiene nel 2009 all’Istituto di Arte contemporanea di Boston, oggi le sue opere sono incluse nelle collezioni dello Smithsonian, del Los Angeles County Museum of Art, del Museum of Modern Art a New York, e nel Victoria and Albert Museum a Londra.
Anche nel caso di Fairey, tramite la street art si cerca di invadere ogni spazio con stencil, murales, posters, coprendo superficie pubbliche e private (facciate di edifici, retro di segnali stradali, cartelli alla fermata degli autobus, eccetera), come avviene nella campagna “Obey”; in più, gli slogan e il volto stilizzato di André The Giant viene riprodotto anche su diversi prodotti come vestiti, accessori, elementi di decorazione, espandendo così l’impatto della campagna stessa. Fairey si divide così tra la libertà della “libera espressione” in strada e il lavoro per aziende e campagne pubblicitarie, sempre con l’intento di portare l’arte a più persone possibile, tramite differenti vie.
In particolare, con la campagna di “Obey”, Fairey cerca di risvegliare un senso di meraviglia nel contesto abituale: gli sticker stimolano la curiosità del passante, portandolo a farsi delle domande sullo sticker stesso e la sua relazione con i dintorni, dato che non è abituato a vedere pubblicità o propaganda in cui il prodotto e il messaggio non siano ovvi e comprensibili. Questo provoca in alcuni frustrazione, poiché non si capisce il significato di ciò che si vede (come avviene anche nell’impatto con un graffito), in altri si acuisce la percezione, l’attenzione al contesto e al dettaglio e si stimola il pensiero. Lo sticker viene dunque creato appositamente per provocare una reazione, per spingere a cercare un significato, che non ha in se stesso, ma dipende dalle diverse interpretazioni personali, che riflettono la personalità e la sensibilità di chi lo guarda. Accade così che alcuni diventino “familiari” allo sticker e lo trovino divertente, seppur rappresenti un “non-sense”, ricavando piacere solo guardandolo, senza ossessionarsi alla ricerca di un significato; altri possono rimanerne confusi e condannarlo come una manifestazione di intenzione sovversiva (alcuni sticker vengono addirittura rimossi dagli stessi passanti, considerati come atto di vandalismo). Anche Fairey tenta dunque, come gli altri street artist, di spingere a vedere il contesto con occhi differenti e stimolare la curiosità e l’intelletto del maggior numero di persone, con un’azione capillare.

domenica 10 aprile 2011

Street Art

Con il termine Street Art (arte di strada) si indicano tutte quelle forme artistiche che si manifestano in luoghi pubblici, con tecniche varie: spray, sticker, stencil, proiezioni video o sculture. La street art presenta alcune differenze e alcune caratteristiche in comune con il fenomeno del writing: se ne differenzia poiché la tecnica in questo caso non si limita all’uso della bomboletta e il tema non è inscindibilmente legato solo allo studio del lettering e della tag, ma può includere soggetti differenti (es: disegni o slogan di critica sociale, installazioni); mantiene, invece, come il writing, un forte rapporto con la strada e un simile intento di rivendicazione di vie o piazze come luoghi pubblici, di tutti, contro la proprietà privata (e dunque un aspetto di sovversione e critica verso la società) e il tentativo di farne uno spazio di esposizione per la propria fantasia e le proprie opere, comunicando così ad un vasto pubblico (dunque la stessa ricerca tesa a farsi conoscere).
Tra le tecniche che la street art utilizza troviamo l’utilizzo di stencil, che permettono una produzione molto veloce e pressoché illimitata, e lo sticker: in questo caso è dunque l’adesivo il mezzo con cui veicolare un messaggio di tipo politico, sociale, di critica, fino ad arrivare a volte allo sfruttamento dello stesso metodo per la pubblicità commerciale (tramite operazioni di cosiddetto “guerrilla marketing”: promozione pubblicitaria non convenzionale e a basso budget, che si avvale di mezzi e strumenti aggressivi, usati in modo creativo per far leva sull’immaginario dell’utente); in altri casi lo sticker viene visto come un altro modo per diffondere la tag o un emblema del writer. Spesso la street art cerca, stupendo il passante, di contrastare una cultura che crea spettatori passivi, e di far riflettere.
Paradigmatico in questo senso è il caso “Untho”, il cui ideatore è il giovane artista Alessio Schiavon. Un omino stilizzato vuole rappresentare, agli occhi del creatore, l’ “uomo medio”, milanese, grigio, accigliato, spento, passivo, contro il quale si rivolge il messaggio alla base del concetto artistico, che mira a interferire con il contesto urbano inserendosi all’interno di questo tramite gli stickers, provocare il pubblico con i suoi pensieri e riflessioni, proporre uno stile di vita alternativo, più attivo e “spensierato”, in opposizione ai frenetici ritmi urbani. Tramite l’affissione di posters e stickers in giro per la città di Milano e non solo, spesso con un’azione capillare, si mira ad un duplice fine, poiché l’operazione è in un primo tempo esclusivamente artistica e poi sfruttata anche a fini pubblicitari, in seguito alla creazione di una linea d’abbigliamento streetwear.
In altri casi, invece, la street art mira a proporre un nuovo messaggio in contrasto diretto con i manifesti pubblicitari da cui la città risulta invasa (senza alcuna lamentela da parte dei cittadini come invece accade per l’arte di strada stessa).
La street art, così come il writing, cerca un circuito spesso illegale, ma più spontaneo e più diretto ad un vasto pubblico, facendo della città stessa la sua galleria a cielo aperto e rifiutando mostre ufficiali, anche se oggi un gran numero di street artist fa il suo ingresso nel “sistema”.

Next: alcuni dei più importanti street artist di oggi: Banksy, Blek le rat, Shepard Fairey.