Il writer si avvale principalmente di due strumenti per scrivere: i marker (ossia i pennarelli), e gli spray (ossia le bombolette).
All’inizio i primi writer newyorchesi utilizzano i pennarelli per le loro tags, in particolar modo la marca Magic marker. Con il tempo si sviluppano vari modelli di diverse misure e forma, che permettono di avere un tratto di volta in volta differente; questo nei primi anni è ottenuto con vari mezzi di fortuna e invenzioni, sfruttando ad esempio i cancellini della lavagna come punta. Inizialmente vengono adottati anche i prodotti per lucidare le scarpe: si stacca la punta di spugna della confezione e si riempie di inchiostro il serbatoio.
Oltre ai pennarelli si possono utilizzare anche gli inchiostri (ad esempio il Nero d’inferno a Milano negli anni ’90, tintura per pellami usata anche dai calzolai). Il tratto costituisce un’ importante componente stilistica, e maggiore è il tratto, più grande sarà la firma e dunque l’impatto della stessa sulla superficie (anche a confronto con altre su un muro completamente pieno).
Le bombolette, invece, vengono brevettate nel 1943, ma si diffondono negli anni ’50. La bomboletta è un’innovazione fondamentale per il writing: permette infatti di realizzare grandi scritte in breve tempo, è portatile, comoda e semplice da usare e facilmente reperibile. In un primo momento le bombolette disponibili sono piuttosto diluite, quindi bisogna utilizzare il colore in grande quantità e stare molto attenti per evitare imprecisioni nel pezzo. In seguito, alcune marche si specializzano appositamente per i writer, mentre altre prendono le distanze dal fenomeno. Paradigmatico il caso di Montana, azienda spagnola leader nella produzione di spray destinati al writing, che si diffonde in tutta Europa dal 1995: per i writer realizza appositamente la linea Hardcore, con tinte molto coprenti e pressione alta. Le bombolette oggi si trovano in una grande varietà di assortimento: dai 10 ml ai 750 ml, ad alta o bassa pressione, con diversa capacità di copertura o reazione alle condizioni climatiche. Sono caratterizzate, a differenza delle altre bombolette sul mercato, da una ciambella di plastica intorno alla parte superiore che indica il colore. Inoltre si sviluppano e diventano di uso comune intorno agli anni ’80, una serie di tappini differenti, da poter applicare alla bomboletta stessa, che permettono di regolare lo spruzzo e dunque di avere differenti tratti, da pochi millimetri ai venti centimetri: i cosiddetti fat, ad esempio, con un tratto molto grosso, danno la possibilità di scrivere molto più veloce e più grande. Diversi sono anche gli accessori disponibili: guanti, sacche, calamite contro la rumorosità delle palline interne alla bomboletta, spray per eliminare il colore dai vestiti: un vero e proprio business.
I writer si avvalgono a volte anche di un altro utile strumento, il blackbook. Si tratta sostanzialmente di un album di schizzi, uno sketch book, sul quale i writer preparano i loro pezzi, studiandone un abbozzo e perfezionandolo. Spesso i disegni sono la base necessaria per il lavoro su muro, in altri casi, invece, sono solo un modo per fissare un’idea. Lo studio preliminare al pezzo finito viene considerato fondamentale: serve infatti per porre l’attenzione sullo stile, sulla combinazione tra i colori, potendo provare diverse soluzioni e sperimentare, riflettendo e impiegando più tempo rispetto all’azione su muro. In alcuni casi lo schizzo si rivela invece solo una base, e si agisce su muro con maggior libertà, seguendo anche l’estro del momento. I blackbook, nei primi tempi del writing, esistono ma non sono considerati un requisito necessario e molti “outlines” vengono eseguiti su fogli volanti di quaderno, essendo i writer studenti; oggi sono più presenti, anche per questioni di business, dato che si trovano in commercio appositamente per i writer.